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Il ritorno del principio femminile

Il ritorno del principio femminile

In tempi molto antichi, vigeva il culto della Dea e della Madre Terra finché tra il 4500 e il 2500 a.C. ondate di invasioni di popoli indo-europei semi-nomadi e bellicosi non le destituirono per adorare il Cielo e il Sole. Emerse allora una società di tipo patriarcale che combatteva la dimensione femminile per la supremazia sul piano spirituale e temporale. Non era tanto la donna come essere fisico ad essere combattuta quanto il suo potere, e cioè la capacità di interiorizzare, di ascoltare la propria anima, di accedere a dimensioni ultraterrene, di sentire la connessione con gli altri e con la Natura. Con l’avvento delle tre religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo e islam si compì la cancellazione del principio divino femminile.  In Europa, un ruolo decisivo lo ebbe la Chiesa Cattolica, quando demonizzò l’energia femminile per affermarsi come unica mediatrice tra l’umano e il Divino. La donna fu assimilata al peccato e così la Chiesa patriarcale poté abilmente cancellare il fantasma della Grande Dea che sembrava riaffacciarsi. Il Serpente, simbolo dell’energia femminile e sessuale, fu associato a Satana.  La caccia alle streghe, durata per secoli, non fu altro che la manifestazione della paura profonda che i poteri femminili prendessero il sopravvento, essendo state le donne fino ad ora a presiedere ai misteri della sessualità, dalla nascita alla morte! Infatti la condanna delle streghe, che erano soprattutto guaritrici e levatrici, era quasi sempre di ordine sessuale.  Così l’archetipo della Grande Dea si arenò lentamente nell’inconscio collettivo mentre la donna, dal suo ruolo di sacerdotessa, di profetessa, di guaritrice e di educatrice, passò a quello di fattrice, di nutrice e d’inserviente, sottomessa all’uomo o a una comunità di tipo patriarcale.  La spiritualità diventò un affare degli uomini e Dio si trasformò in un padre esigente e punitivo. Il peccato - volutamente associato alla sessualità della donna (si pensi all’adulterio) - e il senso di colpa divennero strumenti per manipolare la coscienza collettiva.

Oggi,  un cambiamento di polarità si è messo in atto. Il salto coscienziale che si sta verificando implica non solo un ritorno ai valori femminili ma soprattutto l’integrazione della visione femminile con quella maschile. Un recupero reso difficile dal femminicidio che dilaga ancora in occidente e nei paesi musulmani. Recuperare i valori femminili significa in questo caso il recupero dei principi di libertà, di amore e di uguaglianza per tutti gli esseri umani, la connessione con la Natura e la Madre Terra.  Dopo secoli di un materialismo esasperato favorito dalla visione meccanicistica e riduzionista della Scienza, vi è l’urgenza di ritornare alla grande scuola della Natura e al dialogo con lo Spirito, preconizzato nel XII secolo da Ildegarda di Bingen, grande mistica e donna di scienze del Medioevo. Se lei fosse nata un secolo dopo, sarebbe stata processata dall’Inquisizione per le sue conoscenze curative, per la sua visione olistica e spirituale della Vita dove Uomo e Dio e Natura sono uniti in un rapporto armonico, per le sue doti taumaturgiche e per il fatto che canalizzasse la voce di Dio per cui venne consacrata “profetessa” dal Papa.  Infatti, ci sono voluto più di ottocento anni per consacrarla dottore universale della Chiesa!

 Il ritorno ad una visione più femminile ed inclusiva si traduce oggi nel movimento di ecosofia[1] in cui l’uomo non si colloca alla sommità della gerarchia dei viventi, ma si inserisce nell’ecosfera, come parte del Tutto. Con ecosofia il teologo ispano-indiano Raimon Panikkar[2] intende la saggezza che è propria della Terra in quanto soggetto, in quanto vivente ed in quanto “madre” che sa (ed in questo è saggia) come prendersi cura delle sue creature. I segnali verso questa integrazione sono evidenti: nascono gli eco-villaggi, si diffondono la permacultura come stile di vita e la non-violenza come risposta ai conflitti; la conoscenza e consapevolezza escono dai cerchi elitari per espandersi in maniera più orizzontale grazie all’editoria, ai seminari di crescita e a internet; c’è un forte ritorno alla Natura e alla necessità di tutelarla.  La chiave del nostro futuro non è, quindi, tanto la supremazia di una visione sull’altra, quanto la loro integrazione, realizzando il Divino Androgino alchemico, l’archetipo della coincidentia oppositorum. Questa è la sfida di un tempo in cui l’umanità deve tornare a danzare nella luce l’antica danza con le stelle, le piante, gli animali e la Terra, celebrando così il ritorno a «l’uomo del tempo anteriore al peccato», che saprà utilizzare con saggezza i doni rivelati dalla Scienza.

 

[1] Il termine ecosofia è stato utilizzato per la prima volta dal filosofo norvegese Arne Næss all’università di Oslo nel 1960. La radice “eco” nell’accezione greca originale rinvia ad oïkos, cioè: casa, organizzazione domestica, habitat, ambiente naturale. Sofia in greco: conoscenza, sapere, saggezza. La traduzione letterale sarebbe “saggezza dell’ambiente”.

[2] Raimon Panikkar, Ecosofia: la nuova saggezza. Per una spiritualità della terra, Lampi di stampa, 2001.

Marie Noelle Urech

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