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Le confessioni di Roberto Ando

Le Confessioni di Roberto Andò

Il cinema, ovvero le “Septième Art” per i Francesi, ci consente di vivere una infinità  di esperienze sul piano emotivo e cognitivo, come  il divertimento, l’azione e l’avventura, il viaggio in mondi reali e virtuali e, con disinvoltura,  ci proietta nel passato o nel futuro, assumendo il ruolo di una vera e propria macchina del tempo.  Esiste anche un cinema che testimonia,  racconta, denuncia, rivela realtà molto nascoste. È solitamente un cinema coraggioso, poco popolare perché inquieta, aprendoci a realtà che vorremmo non esistessero. Eppure queste realtà ci sono, camuffate sotto veli di menzogne!  Siamo arrivati ad un bivio epocale,  in cui l’Europa e le grandi nazioni sovrane disfanno e rifanno alleanze economiche, monetarie e politiche, spostando i cittadini come pedine su una grande scacchiera e cancellando ogni loro presunzione di democrazia. A meno che la democrazia non sia essa stessa parte dell’odioso inganno?

Come spiegarci che dopo l’unione monetaria nell’Euro, giorno dopo giorno stiamo perdendo tutte le nostre sovranità? Come spiegarci i risvolti inquietanti delle banche nazionali e della BCE,  le ondate migratorie pilotate, lo stato di guerra permanente nelle parti del mondo, dove c’è, appunto, petrolio, gas, uranio in abbondanza? Come credere ancora che i politici abbiano a cuore gli interessi dell’umanità o della nazione verso cui hanno assunto una responsabilità? Naaaaa!

E di questo stato in cui ci troviamo impelagati e impotenti, che narra l’appassionante film di Roberto Andò, le Confessioni.  Vi invito vivamente a vedere, perché è coinvolgente, inquietante, bello ma anche importante per destarci dal letargo cibo, calcio, antidepressivi, droga, alcool, gioco e soprattutto per riposizionare l’ago della bussola…perché l’indicazione ci viene data in tale senso.

Una fotografia bellissima, attori tutti perfetti nei loro ruoli, una scenografia e una regia magistrale per raccontarci le quinte del potere economico che manovra il mondo e che non possiamo immaginarci. Sotto la forma di un giallo fantapolitico, con note surreali, il regista con sapienza ci pone davanti ad un simulacro di un club Bildeberg ridotto, il summit che avviene annualmente tra personalità del campo economico, bancario e politico che trattano grandi temi globali economici e politici. Un incontro basato su affari miliardari, privilegi, corruzione, ricatti cinici e inganni per approvare una manovra segreta che avrà conseguenze disastrose per molte nazioni. La morte di uno dei massimi pontefici di questo gioco, fa saltare i programmi stabiliti.  In mezzo a questi sordidi giochi di potere, l’ago della bussola è rappresentata metaforicamente da un enigmatico monaco certosino, ruolo sostenuto magnificamente da un grande Toni Servillo. Chiaramente, il tema del film coinvolge emotivamente e presenta una verità scomoda e disturbante, perché ciò che descrive sta già accadendo realmente in Grecia e in Italia.  Forse è per questo motivo che la critica non ha voluto o potuto rendere i giusti meriti a questo film, facendolo apparire una disputa metafisica o un giallo surreale, tutto tranne ciò che è realmente: una parabola dei nostri tempi. Per chi ha aperto già gli occhi, questo film è  un opera magistrale che stimola a porci altre domande e a ritrovare l’ago della bussola, la parte luminosa che ci abita e che tendiamo più a spegnere che ad accendere.

Marie Noelle Urech

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